parità di genere

Parità di genere: nuovi obblighi e prospettive

Il 18 novembre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 162/2021 che introduce novità e modifiche al Codice delle pari opportunità. Quest’ultimo, in vigore già dal 2006, si propone di raggiungere la parità tra uomo e donna in ambito lavorativo.

In questi 16 anni, l’Italia ha mosso i primi passi volti a ridurre il “gender gap” evidentemente presente nel nostro Paese, ma l’impegno e la strategia sinora adottata non rendono sufficienti i traguardi raggiunti.

Per questo motivo il nuovo Codice delle pari opportunità si pone l’obiettivo di rendere più incisiva la disciplina al fine di vincere l’arretratezza che caratterizza l’ambito lavorativo italiano, promuovendo l’equiparazione delle donne lavoratrici agli uomini in relazione alle retribuzioni,
all’accesso alle posizioni dirigenziali e alla partecipazione alla vita politica ed istituzionale.

Tale intervento, ad oggi, si inserisce in un progetto che si sviluppa su scala europea (Gender equity strategy 2020-2025) e che coinvolge l’Italia con il PNRR. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia, ritiene la Parità di genere una delle priorità trasversali da perseguire.

Il tema assume rilevanza anche a livello globale. Infatti, il raggiungimento dell’uguaglianza di genere rappresenta uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

Tra le novità e le modifiche introdotte per raggiungere l’obiettivo, la principale riguarda il rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile. Già previsto dalla normativa per le aziende pubbliche e private che impiegano oltre 100 dipendenti, il nuovo Codice delle pari opportunità amplia la platea delle aziende coinvolte, prevedendo che il rapporto sia redatto a cadenza fissa biennale al superamento dei 50 dipendenti.

Il rapporto, che non deve indicare l’identità del lavoratore, contiene una serie di informazioni suddivise in base al sesso maschile o femminile dei dipendenti utili a valutare l’applicazione della parità di genere e l’assenza di discriminazione. Tali informazioni riguardano: il rapporto di lavoro in genere (assunzioni, formazione, promozione professionale, passaggi di livello e qualifica, intervento della Cig, licenziamenti e retribuzioni effettivamente corrisposte) e i processi, gli strumenti di selezione, reclutamento ed accesso alla qualificazione professionale e manageriale.

Le aziende che redigono il rapporto periodico devono provvedere alla presentazione in modalità esclusivamente telematica entro il termine del 30 aprile dell’anno successivo alla scadenza di
ciascun biennio. In via eccezionale, con riferimento al biennio 2020-2021, il termine di trasmissione è stabilito al 30 settembre 2022.

Un’ulteriore novità prevede, per le aziende del settore pubblico e privato che occupano fino a 50 dipendenti, la possibilità di redigere il rapporto biennale su base volontaria. Questa possibilità è connessa ai benefici che la nuova normativa riconosce alle aziende che si impegnano a favorire la
parità di genere.

Il primo beneficio è un esonero contributivo riconosciuto alle aziende private per l’anno 2022 in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui. Lo sgravio si applica ai
contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Il secondo, invece, consiste nell’introduzione di un sistema di punteggio premiale che favorisce le
aziende private nell’ambito della valutazione di proposte progettuali da parte di autorità titolari di fondi europei, nazionali e regionali.

Entrambe le misure sono subordinate al possesso da parte delle aziende della certificazione della
parità di genere (UNI/ PdR 125:2022). Introdotta con decorrenza dal 1° gennaio 2022, ha lo scopo di valutare le misure concretamente introdotte dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere.

Il Ministero delle pari opportunità, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico, ha determinato una serie di indicatori (KPI) relativi a 6 aree di competenza, tra cui equità remunerativa per genere e tutela della genitorialità/conciliazione vita-lavoro. Ad ogni indicatore è associato un punteggio. Pertanto, l’azienda ha diritto al rilascio della certificazionemquando la somma dei valori misurati superi il 60% del totale previsto. A tale procedura provvedono
gli organismi di valutazione della conformità (o enti di certificazione) accreditati in questo ambito ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008 e in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1.

Infine, da tutto ciò emerge la centralità del tema e l’importanza dell’obiettivo prefissato. Pertanto, è fondamentale che le aziende si impegnino in prima persona, prevedendo delle linee guida volte ad
ispirare delle azioni concrete sul piano inclusivo.

A livello esemplificativo, è possibile investire su:

– Leadership aziendale, promuovendo l’uguaglianza e l’emancipazione delle donne;
– Istruzione e formazione per favorire l’avanzamento di carriera;
– Salute, benessere e sicurezza dei dipendenti, al fine di eliminare molestie e favorire il
benessere generale riducendo così l’assenteismo e la perdita di produttività;
– Trattamento equo dei lavoratori, superando le differenze retributive e qualsiasi pratica volta
ad ostacolare la crescita professionale delle donne e il rientro dal congedo di maternità;

 

 – Articolo a cura di Laura Pozzi, Partner d’Impresa Labor Milano Est.

 

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