Il contratto di espansione
Il contratto di espansione è uno strumento poco sfruttato per avviare e sostenere un ricambio generazionale tra i dipendenti di una impresa favorendo, contemporaneamente, l’uscita dei più anziani e l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; inoltre, è utile anche per spingere il cambiamento dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell’attività.
È stato previsto per la prima volta dall’art. 14 del Decreto legislativo n. 148/2015 e poi avviato sperimentalmente per il biennio 2019-2020, ma era riservato solo alle imprese con un organico superiore a 1000 unità; successivamente è stato esteso anche all’anno 2021 ma con soglie più ridotte di personale impiegato, prima 500 unità e poi 100 e, infine, esteso dalla legge di bilancio 2022 anche agli anni 2022 – 2023 riducendo consistentemente la soglia di accesso, ampliando la possibilità di applicazione alle imprese con più di 50 dipendenti. (il numero si può raggiungere anche con una rete di imprese- ndr: per approfondimenti su reti di imprese vai qui: http://partnerdimpresa.it/creare-alleanze-tra-imprese-ats-ati-reti/).
In sostanza il contratto di espansione prevede un regime di aiuto per la riorganizzazione delle imprese basato su un accordo in sede governativa – raggiunto in seguito a una procedura di consultazione sindacale – grazie al quale le imprese possono incentivare il turnover aziendale.
Ma questo non è l’unico scopo che lo strumento realizza: infatti il contratto di espansione mira a fronteggiare anche i processi di reindustrializzazione e riorganizzazione aziendale, con un esplicito sostegno all’innovazione tecnologica attraverso una serie di misure.
L’accordo comprende:
1. cassa integrazione straordinaria;
2. esodo anticipato fino a 5 anni dei lavoratori con assegno ponte a carico dei datori di lavoro;
3. piano di formazione e riqualificazione per i lavoratori che rimangono;
4. eventuale piano di assunzioni per agevolare il turn-over generazionale e di competenze con agevolazione prorogata per ulteriori 12 mesi.
Nel contratto rientrano le nuove assunzioni di personale qualificato ad elevata specializzazione, ma anche lo scivolo pensionistico con pensione anticipata fino a 5 anni per i lavoratori che intendano aderirvi; la riduzione dell’orario di lavoro e la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori che non possiedono i requisiti per lo scivolo pensionistico, ed inoltre la formazione e la riqualificazione per i dipendenti, agevolando le aziende che desiderano modificare la propria gestione organizzativa o la propria struttura o ancora la propria vision imprenditoriale.
La ragione dello strumento è individuabile nella volontà del legislatore di offrire uno strumento gestionale e riorganizzativo delle imprese che, al contempo, favorisca il ricambio generazionale ed aiuti i giovani a fare ingresso nel mondo del lavoro.
Ecco come funziona e perché sfruttarlo
1) Contratto di espansione e accordi sindacali
Per presentare il piano l’impresa deve:
a. concordare con le RSA o alla RSU delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati, nonché la volontà di sottoscrivere un contratto di espansione ex art. 41 comma 5 e 5 bis D.lgs. 148/2015.
b. Deve anche essere presentata domanda di esame congiunto della situazione aziendale al competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali, o agli uffici regionali.
2) Scivolo pensionistico del contratto di espansione: requisiti e costi
Il contratto di espansione consente di avviare piani concordati di esodo per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi (5 anni) dal conseguimento del diritto alla pensione (che può essere sia di vecchiaia che pensione anticipata legge 92 2012) e cioè
la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro per quei dipendenti che si trovino a 5 anni dal raggiungimento della pensione (da 67 a 62 anni per la pensione di vecchiaia e da 42 e 10 mesi a 37 e 10 mesi per la pensione anticipata nel caso degli uomini, 36 e 10 per le donne). Nei 60 mesi sono compresi anche i 3 mesi di decorrenza ritardata (le cd. finestre) in caso di accesso alle pensioni anticipate.
In sostanza l’operazione descritta si configura come una risoluzione consensuale del rapporto.
In questo caso, ai lavoratori in prepensionamento viene riconosciuta dal datore di lavoro un’indennità mensile (per 13 mensilità) di accompagnamento alla pensione: la prestazione viene concretamente erogata dall’INPS ma il suo finanziamento resta, comunque, a carico dell’impresa, che dovrà attivare a garanzia dell’impegno idonea polizza fideiussoria.
L’entità dell’indennità varia in base al tipo di prestazione previdenziale cui il futuro pensionato avrà accesso al decorrere dei 5 anni: nel caso della pensione di vecchiaia viene, infatti, corrisposta la sola indennità mensile, di importo pari alla pensione maturata al momento della risoluzione del rapporto di lavoro; nel caso di pensione anticipata ( art. 24 , comma 10 D.L. n. 201 /2011 che abbiano maturato il requisito minimo contributivo) invece, l’impresa è chiamata a versare anche la cosiddetta contribuzione correlata, nella misura fissata per il calcolo della NASpI, vale a dire la media degli stipendi dell’ultimo quadriennio, con uno sconto sulla contribuzione figurativa che sarebbe stata riconosciuta al lavoratore.
Per il versamento dell’indennità l’azienda gode del contributo dello Stato per 24 mesi pari all’importo di NASPI che sarebbe spettato al lavoratore.
Essendo lo strumento in vigore solo sino al 31 dicembre 2023 la risoluzione del rapporto di lavoro deve avvenire entro il 30 novembre 2023 (ultima decorrenza 1° dicembre 2023). Per gli accordi stipulati dal 1° gennaio di quest’anno, le agevolazioni possono essere riconosciute entro il limite di spesa di 80,4 milioni di euro per il 2022, di 219,6 milioni di euro per l’anno 2023, di 264,2 milioni di euro per il 2024, di 173,6 milioni di euro per il 2025 e di 48,4 milioni di euro per l’anno 2026.
3) Riqualificazione delle competenze dei lavoratori in organico
Il piano di espansione favorisce inoltre la riqualificazione dei lavoratori che non possono andare prima in pensione, i quali possono essere coinvolti in piani di formazione e riqualificazione per l’acquisizione di competenze tecniche diverse da quelle in cui sono adibiti. La formazione può intendersi assolta anche qualora l’azienda abbia impartito l’insegnamento mediante la sola applicazione pratica.
In questo caso l’impresa è tenuta a presentare un progetto di formazione e di riqualificazione che deve contenere le relative misure, contenuti formativi e relative modalità nonché il numero complessivo dei lavoratori interessati e le competenze tecniche iniziali e finali.
Per i predetti lavoratori interessati dal piano di formazione e di riqualificazione che non si trovano nella condizione di beneficiare dello scivolo pensionistico è prevista una cassa integrazione per un massimo di 18 mesi, in cui la riduzione media oraria non può superare il 30% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati. Inoltre, per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere concordata, fino al 100% nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di espansione è stato stipulato.
Infine, per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino dei piani di riorganizzazione o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, in linea con i programmi europei, e che, all’atto dell’indicazione del numero dei lavoratori da assumere si impegnino a effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso al prepensionamento, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro de quo opera per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione NASpI al lavoratore.
Tale riduzione, però, si applica soltanto laddove le nuove assunzioni siano effettuate con contratto di lavoro a tempo indeterminato (compreso il contratto di apprendistato professionalizzante) e a condizione che i lavoratori assunti abbiano un profilo professionale compatibile con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione esplicitati nel contratto di espansione.
– Articolo a cura di Fabio Speranza, Partner d’Impresa Legal Puglia